Tappa 26

Tappa 26

Via Porte Candelieri

Dal buio d’un’arcata sbucai alla fine sotto il cielo aperto, che solo allora vidi senza stelle ma chiaro tra le foglie d’un enorme carrubo. La città lì finiva l’aggrumo delle case e cominciava a seminarsi nella campagna, ad allungare le disordinate propaggini su per le vallate. Oltre il muro d’un orto le ombre bianche delle ville sul versante opposto filtravano solo esigui spiragli di luce intorno ai telai delle finestre. Una strada fiancheggiata da una rete metallica scendeva a mezzacosta verso il torrente, e là in una casetta sormontata da un terrazzo a pergola abitava Biancone. Mi avvicinai nell’aria quieta e sussurrante di canne, e fischiai verso la casa. (Gli avanguardisti a Mentone)

Via Porte Candelieri oggi. Foto di Giulia Tasso e Monica Revelli.

È questo il percorso che il protagonista del racconto Gli avanguardisti a Mentone, compie per raggiungere la casa dell’amico Biancone (all’anagrafe Duilio Cossu, compagno di scuola dell’autore ai tempi del Liceo). Uscito dall’«aggrumo delle case» della città vecchia, il protagonista entra in via Porte Candelieri, dove si trovava al tempo la reale residenza dell’amico. La via, già strada Canae, fu intitolata alle Porte distrutte nel terremoto del 1887, corrispondenti a ben tre diverse cerchie murarie (rispettivamente risalenti ai secoli X-XI, XIV e XVI). Segnaliamo che nella toponomastica sanremese il nome delle Porte della città è sempre espresso al plurale, proprio per testimoniare i progressivi allargamenti della cinta muraria che hanno caratterizzato la storia cittadina.

via Porte Candelieri. Biblioteca civica di Sanremo

Il racconto rievoca l’occupazione di Mentone del giugno 1940. Dunque si tratta di materia storica e autobiografica, anche se, come tutto il trittico de L’entrata in guerra, pur scritto in prima persona, non va letto come una vera e propria cronaca autobiografica. L’aderenza storica viene rispettata nell’insieme, ma in alcuni particolari l’autore tiene una certa distanza anche ironica dagli avvenimenti narrati.

Il protagonista cerca Biancone, il «compagno ideale» per unirsi agli avanguardisti e andare a Mentone, appena annessa all’Italia e ora città di frontiera, ma ancora preclusa ai civili. Si tratta di un’uscita di rappresentanza: a Mentone doveva giungere una legione di falangisti dalla Spagna.
La città viene definita «terra di conquista, devastata e deserta» e «unica, simbolica conquista della nostra guerra di giugno». Calvino puntualizza: «Mentone non era stata conquistata da nessuno, ma solo sgombrata dall’esercito francese al momento del crollo e poi occupata e saccheggiata dai nostri». È andando a Mentone che i giovani entrano in contatto con le prime distruzioni: «Verso Ventimiglia guardammo con occhio incuriosito case e vasche di cemento sbriciolate dalle esplosioni: le prime che vedevamo in vita nostra».

Occupazione di Mentone. Archivio Moreschi.

Nel freddo clima segnato dal conflitto, che talvolta si faceva tiepido, seppur sempre pungente, nessuno ha potuto sottrarsi al languore dell’incertezza: «C’era la guerra, e tutti ne eravamo presi, e ormai sapevo che avrebbe deciso delle nostre vite. Della mia vita, e non sapevo come».

✏️ Vittoria Prazzoli

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