Tappa 22

Tappa 22

Piazza Castello

Se allora mi avessero domandato che forma ha il mondo avrei detto che è in pendenza, con dislivelli irregolari, con sporgenze e rientranze, per cui mi trovo sempre in qualche modo come su un balcone, affacciato a una balaustra, e vedo ciò che il mondo contiene disporsi alla destra e alla sinistra a diverse distanze, su altri balconi o palchi di teatro soprastanti o sottostanti, d’un teatro il cui proscenio s’apre sul vuoto, sulla striscia di mare alta contro il cielo attraversato dai venti e dalle nuvole. (Dall’opaco)

La visuale che il giovane Calvino poteva avere da Villa Meridiana non è più data, soffocata fra i palazzi com’è oggi la villa. Piazza Castello costituisce però un punto di osservazione privilegiato.

Guardando da qui Villa Meridiana meglio quello che ne resta (cfr. tappa 29), ci affacciamo anche noi a una balaustra quasi speculare a quella da cui si affacciava l’autore e possiamo ritrovare ancora la percezione del teatro del mondo che si dispiegava sotto gli occhi del futuro scrittore.

Con Dall’opaco, testo del 1971, inserito successivamente nella raccolta postuma La strada di San Giovanni, Italo Calvino realizza uno dei suoi scritti più significativi nella rappresentazione di quella «forma del mondo» che coinvolge la sua intera opera letteraria.
Dall’opaco rappresenta lo spazio – presumibilmente quello della Riviera ligure di ponente – dove l’autore è cresciuto e che ha plasmato il suo immaginario. Questo spazio si struttura sulla fondamentale opposizione tra l’aprico (la zona soleggiata) e l’opaco (quella in ombra). Esiste un continuo mescolarsi tra ubagu e abrigu, l’uno non può esistere senza l’altro perché sono elementi complementari che si determinano a vicenda.
Il mondo di cui parla Calvino è il paesaggio ligure, dove al Ponente e al Levante corrispondono la destra e la sinistra del passo citato. Questo mondo è infatti in pendenza, con dislivelli irregolari proprio come il territorio collinare della Liguria, visibilmente trasformato in un’ampia gradinata che, nei terrazzamenti dei coltivi, ricorda quella di un teatro. La vista è la stessa che si apre da tutte le finestre e le balconate liguri: una striscia di mare alta contro il cielo.

Il punto di osservazione è sempre fondamentale nella scrittura di Calvino. Lo vediamo pure nelle Città invisibili, non un romanzo nel senso più tradizionale del termine, ma una raccolta di pensieri che prendono la forma di città o di città che prendono forma di pensieri. La città cambia a seconda del punto di vista:

Irene è la città che si vede a sporgersi dal ciglio dell’altipiano […] Quelli che guardano di lassù fanno congetture su quanto sta accadendo nella città, si domandano se sarebbe bello o brutto trovarsi a Irene quella sera. Non che abbiano intenzione d’andarci – e comunque le strade che calano a valle sono cattive – ma Irene calamita sguardi e pensieri di chi sta là in alto. (Le città invisibili)

Panorama da piazza Castello. Biblioteca civica di Sanremo.

Anche da piazza Castello si può vedere Sanremo dall’alto e come per ogni città vista dall’alto, come per l’invisibile Irene, è difficile dire come sia in realtà, vissuta da dentro, perché a vederla standoci in mezzo sarebbe un’altra città: «Irene è un nome di città da lontano, e se ci si avvicina cambia».

Da questa stessa piazza è possibile disperdere lo sguardo sull’espansione cittadina di Sanremo, la cui trasformazione urbanistica non manca di essere narrata nella Speculazione edilizia. Anche in questo caso il punto di vista del protagonista muove sempre da villa Meridiana, pur mai chiamata con il suo nome. Immaginando ancora di affacciarci dalla balaustra della villa posiamo i nostri occhi, insieme a quelli del protagonista, alter ego di Italo Calvino, sulla crescita incontrollata della città:

Quando Quinto saliva alla sua villa, un tempo dominante la distesa dei tetti della città nuova e i bassi quartieri della marina e il porto, più in qua il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia, tra il versante della collina a ponente dove sopra gli orti s’infilava l’oliveto, e, a levante, un reame di ville e alberghi verdi come un bosco, sotto il dosso brullo dei campi di garofani scintillanti di serre fino al Capo: ora più nulla, non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti l’uno sopra l’altro. (La speculazione edilizia)


✏️ Monica Revelli

🚶🏻 Salire fino al Santuario della Madonna Della Costa, superare la chiesa e affacciarsi al parapetto sul lato ovest della piazza.

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