tappa 39

Tappa 39

Monte Ceppo

Il prato […] nella luna sembrava molle. «Le mine!» pensò Binda. […] le mine erano […] sull’altro versante di Ceppo. Ma Binda ora pensava che le mine si muovessero sottoterra, camminassero da una parte all’altra delle montagne, inseguissero i suoi passi come enormi ragni sotterranei. La terra sopra le mine produce strani funghi, guai a calpestarli: tutto scoppierebbe all’istante, ma i secondi diventerebbero lunghi come secoli, e il mondo sembrerebbe fermarsi come incantato. (Paura sul sentiero)

Le mine erano senz’altro uno dei peggiori incubi delle staffette partigiane e non solo. Italo Calvino dedica più di un racconto a questo grave pericolo. Ricorderemo pure Campo di mine, dove ancora una volta una staffetta si trova nel bel mezzo di un campo minato: 

Si era accorto che il Vallone, assai spazioso all’imbocco, si era andato man mano restringendo, e ormai non era che un canalone di rocce e di arbusti. Allora l’uomo comprese: il campo minato non poteva essere che lì. Solo in quel punto un certo numero di mine, poste alla distanza dovuta, potevano sbarrare tutti i passaggi obbligati. Questa scoperta, anziché terrorizzarlo, gli diede una certa tranquillità. Bene: ormai egli si trovava in mezzo al campo minato, era certo. Ormai non c’era che continuare a salire a caso, andasse come voleva. Se era destino che lui morisse quel giorno, sarebbe morto; se no, sarebbe passato tra una mina e l’altra e si sarebbe salvato. (Campo di mine)

I racconti di Ultimo viene il corvo, insieme con Il sentiero dei nidi di ragno, sono l’opera più rappresentativa della materia resistenziale così come ne riportò memoria letteraria Italo Calvino.

L’esperienza partigiana dell’autore, che scelse il nome di battaglia di «Santiago», come il suo paese natale cubano, è oggi complessivamente ricostruita, pur non risultando nei documenti ufficiali tutti i passaggi del partigiano Calvino e al netto di alcune contraddizioni nelle testimonianze raccolte.

Già nella primavera del 1944, mentre prestava servizio presso il tribunale militare di Sanremo, Italo Calvino intratteneva rapporti con il Partito Comunista:

Quando seppi che il primo capo partigiano della nostra zona, il giovane medico Felice Cascione, comunista, era caduto combattendo contro i tedeschi a Monte Alto nel febbraio 1944, chiesi a un amico comunista di entrare nel partito. (Autobiografia politica giovanile)

Prese la via dei monti nel giugno dello stesso anno, unendosi a una formazione garibaldina, comandata da Bruno Luppi («Erven») e operante nella zona di Vignai, sulle pendici meridionali del monte Ceppo. Passò poi agli ordini del «capitano Umberto» in una brigata badogliana che operava tra Ceriana e Baiardo. Tornò poi ancora definitivamente con i garibaldini, prima nel distaccamento di «Leone», infine agli ordini di «Vittò», che diventerà il Comandante Ferriera nel Sentiero. I passaggi di brigata vanno imputati a episodi bellici che spesso provocarono lo scioglimento delle formazioni stesse e furono alternati a periodi che Calvino trascorse probabilmente nascosto nel podere di San Giovanni.

La mia scelta del comunismo non fu affatto sostenuta da motivazioni ideologiche. Sentivo la necessità di partire da una tabula rasa e perciò mi ero definito anarchico […] Ma soprattutto sentivo che in quel momento quello che contava era l’azione; e i comunisti erano la forza più attiva e organizzata. («Il Paradosso»). 

L’esperienza partigiana gli fece correre forti rischi per sé e per la sua famiglia. I genitori furono presi in ostaggio nell’ottobre del 1944. Per tre volte i tedeschi simularono la fucilazione di Mario Calvino sotto gli occhi della moglie che diede prova di una forza d’animo senza pari. Italo non mancò mai di riconoscergliela:

Non posso tralasciare di ricordare […] il posto che nell’esperienza di quei mesi ebbe mia madre, come esempio di tenacia e di coraggio in una Resistenza intesa come giustizia naturale e virtù familiare, quando esortava i due figli a partecipare alla lotta armata, e nel suo comportarsi con dignità e fermezza di fronte alle SS e ai militi, e nella lunga detenzione come ostaggio, e quando la brigata nera per tre volte finse di fucilare mio padre davanti ai suoi occhi. (Autobiografia politica giovanile)

Poco tempo dopo lui stesso fu catturato in seguito a un rastrellamento tedesco nella zona di San Romolo, a monte di Sanremo (novembre 1944). Lo salvò dalla fucilazione un falso foglio di licenza che aveva con sé. La cattura gli costò in ogni caso tre giorni di carcere trascorsi fra la fortezza di Santa Tecla e (probabilmente) Villa Giulia nell’angoscia della fine imminente (cfr. tappa 8). Arruolato a quel punto nell’esercito repubblichino, riuscì a fuggire dopo poche settimane. Si nascose di nuovo a San Giovanni fino al reimbandamento nel febbraio ’45. Insieme con il fratello Floriano, continuò la sua militanza partigiana fino alla Liberazione, partecipando il 10 marzo alla seconda battaglia di Baiardo (cfr. tappa 38). La partecipazione alla Resistenza fu per Calvino un’imprescindibile scuola di vita:

La mia vita in quest’ultimo anno è stato un susseguirsi di peripezie: sono stato partigiano per tutto questo tempo, sono passato attraverso un’inenarrabile serie di pericoli e di disagi; ho conosciuto la galera e la fuga, sono stato più volte sull’orlo della morte. Ma sono contento di tutto quello che ho fatto, del capitale di esperienze che ho accumulato, anzi avrei voluto fare di più. (Lettera a Scalfari, luglio 1945)

Intervista a Giovanni Rainisio, presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Imperia, realizzata da Matteo Allegro e Emanuele Magri, Liceo G.P Vieusseux.

✏️ Matteo Allegro, Valeria Amoretti, VAphca Aydogan, Cecilia Borrelli, Alessandra Giordano, Paolo Lazzarini, Emanuele Magri, Filippo Nastasi, Lorenzo Novella, coordinati dalla docente Paola Consiglio, Liceo G. P. Vieusseux, Imperia.

🚶🏻 Da pian del Vento si può lasciare l’auto e procedere a piedi per il monte Ceppo. Si tratta di un breve percorso ad anello che non presenta difficoltà. Dalla cima erbosa del monte si può avere un’ampia visione panoramica sulle valli Argentina, Nervia e Oxentina.

Escursione: pian del Vento monte Ceppo

difficoltà facile

lunghezza 1,8 km 

dislivello 137 m (da 1500 a 1620 m di altitudine)  

percorrenza 1h

Ritornati a pian del Vento si riprende l’auto e si procede lungo la SP 75, superato San Giovanni dei Prati, ci si immette svoltando a destra nella SP65 in direzione Triora/Molini.

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